Metodo

All’interno delle discipline psicologiche e sociali il panorama di approcci e teorie è molto vasto. Come professionista oriento il mio intervento verso la “cura dell’interazione”, come principale strumento di cambiamento.

L’approccio teorico di cui mi avvalgo, il Modello Interazionista, parte dal presupposto che il benessere e la sofferenza sono influenzati da una molteplicità di aspetti, tra cui le modalità interattive che utilizziamo nei diversi contesti di vita, l’insieme di credenze e significati con cui leggiamo eventi e situazioni, nonché i contesti sociali e culturali in cui siamo immersi, in cui si radicano particolari schemi di pensiero e significati condivisi.

A partire da ciò, il lavoro si fonda sulla conoscenza e la trasformazione dei discorsi e delle modalità interattive attraverso cui raccontiamo e costruiamo la nostra idea di benessere e malessere, osservando lo spazio occupato da questi pensieri nella nostra vita, la loro influenza nei contesti in cui essi emergono e le emozioni connesse.

È il punto di partenza per poter costruire un cambiamento.

Questi processi infatti possono esitare in tentativi poco efficaci di gestione della propria sofferenza, in tentate soluzioni che non si rivelano utili, anzi, che mantengono la situazione.

Ma per fortuna i nostri modi di agire e di pensare sono in continua evoluzione: non esiste un comportamento immodificabile o universale, esistono diverse soluzioni, modalità di agire e reagire più o meno utili ed efficaci!

Cambiare il modo in cui diamo senso ai nostri vissuti e lavorare sui significati attribuiti alle proprie esperienze, nonché modificare le modalità di interagire con gli altri quando esse appaiono poco funzionali, sono aspetti fondamentali dell’intervento psicologico, per riappropriarsi del proprio benessere.

Come mediatrice mi avvalgo inoltre di un particolare approccio teorico, il Modello Dialogico, che nella prassi operativa per la gestione dei conflitti e delle controversie mette a disposizione una Metodologia di lavoro scientifica: la Metodologia MADIT (Turchi, 2009). Si tratta di un modello che mette al centro le modalità attraverso cui le parti, che siano singoli o gruppi, utilizzano il linguaggio per raccontare e dunque costruire la realtà del conflitto e che dà importanza all’incertezza che è propria di ogni interazione umana. Questi divengono i principali strumenti di cambiamento.

Il conflitto, che è a sua volta una modalità di stare in relazione, può quindi essere considerato “la materia prima” del lavoro e della conciliazione.

Capire “come” le persone confliggono e parlano delle loro difficoltà è il primo passo per destrutturare queste modalità e svilupparne di nuove, organizzate intorno a precisi obiettivi positivi e condivisi, non immaginabili dalle singole (che altrimenti non confliggerebbero) e generati nel contesto della mediazione.

Invece di chiederti perché ti capitano sempre le stesse cose, chiediti come arrivi a scegliere sempre gli stessi percorsi.

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